Il processo di depurazione delle acque – che attraverso il sistema fognario vengono raccolte dalle nostre case e da aziende grandi e piccole che operano nei settori più diversi – è chiamato depurazione biologica.
Il trattamento, detto “ossidativo biologico”, consiste nello sfruttamento dell’azione di microrganismi per realizzare la biodegradazione di tutte le sostanze organiche presenti nell’acqua da depurare.
Un po’ come avviene in modo spontaneo nei corsi d’acqua, solo che in un impianto di trattamento, grazie al fatto che si mantengono artificialmente condizioni ottimali per lo sviluppo di microorganismi, il processo avviene in modo più rapido. I batteri si cibano del materiale organico inquinante, si moltiplicano e, al termine del processo, depositano sul fondo delle vasche di sedimentazione i fanghi, che vengono separati per essere smaltiti.

È tutto merito dei batteri
I fanghi in alcuni casi possono anche diventare concime e quindi, con tutte le dovute precauzioni e i necessari controlli, possono diventare una risorsa preziosa nell’ottica dell’economia circolare.
Il processo non è complicato: nelle vasche di depurazione entrano, dopo essere state filtrate dai corpi più grossolani, le acque che provengono dagli scarichi civili o industriali. Per entrambi il processo è simile, anche se i controlli che vengono eseguiti sono diversi, più complessi e dettagliati per quelli industriali, che potrebbero contenere sostanze nocive.
Nelle vasche avviene quel processo biologico che abbiamo descritto: grazie all’azione dei batteri, che si cibano del materiale organico, si arriva ad ottenere dell’acqua pulita che, prima di essere reimmessa nell’ambiente, subisce ulteriori processi di filtrazione e disinfezione.
I batteri invece si depositano nelle vasche di sedimentazione sotto forma di fango, che deve essere man mano smaltito per consentire il corretto funzionamento dell’impianto, mantenendo in questo modo la corretta concentrazione. La parte smaltita è il cosiddetto fango di supero, o fango in eccesso.
L’obiettivo è ridurre il più possibile la quantità
La depurazione delle acque produce dunque un rifiuto, il fango: il costo per il suo smaltimento rappresenta dal 40 al 60% del costo totale di funzionamento dell’impianto. Questo fa capire quanto sia importante ridurne la quantità. L’eliminazione in discarica o attraverso l’incenerimento ha costi maggiori, se il fango si utilizza invece per produrre compost ha costi più bassi.
Ecco perché il fango in eccesso che proviene dal depuratore, che contiene materiale ancora vivo, viene raccolto in un’ulteriore vasca dove avviene un processo che punta proprio a ridurre la sua quantità.

In questa vasca (o digestore), senza alimentazione di acqua, il fango – nel quale già si trovano i batteri necessari al processo – viene fatto interagire con l’ossigeno, che viene immesso sul fondo: questo metodo, studiato da Siad e che porta il nome di MIXFLO, favorisce la “digestione aerobica” dei fanghi.
Col l’ossigeno tutto funziona meglio
Grazie all’ossigeno, che ne favorisce e accelera lo sviluppo, i batteri proliferano molto rapidamente e, in pratica, si mangiano fra loro: questo determina una sensibile riduzione della quantità di fango, dal 30 al 50%. Alla fine resta solo la frazione non organica, costituita da sabbie, silicati, carbonati, e una frazione organica residua, con grandi vantaggi.

La riduzione di volume e peso di questo residuo riduce in molti modi anche l’impatto sull’ambiente, rendendo l’intero processo di depurazione più sostenibile: un minore residuo da smaltire significa un minore utilizzo delle macchine che disidratano i fanghi prima del loro trasporto, quindi una minore quantità di energia impiegata; conseguentemente si riduce la movimentazione e il numero di viaggi per il trasporto in discarica, e un minore uso della discarica.
Lo smaltimento dei fanghi ha un costo notevole, che varia fra 100 e 180 euro per tonnellata. È stato calcolato che l’utilizzo di digestori che impiegano ossigeno nell’ultima fase di trattamento dei fanghi permette di recuperare il maggior costo dell’impianto di depurazione in 6-12 mesi, semplicemente grazie alla riduzione delle spese per il trasporto e lo smaltimento in discarica.
I maggiori costi per l’utilizzo di ossigeno, e il relativo trasporto all’impianto di depurazione, sono abbondantemente ammortizzati dai risparmi ottenuti.
Si sfrutta il calore che il processo autogenera

Studi condotti a partire dal 1969 hanno portato a rendere sempre più efficiente il processo che avviene nella vasca/digestore in cui vengono trattati i fanghi. Il processo si chiama ATAD (autothermal thermophilic aerobic digestion, cioè digestione aerobica termofila autotermica).
In parole più semplici basti dire che il processo si velocizza all’aumentare della temperatura: nel caso del trattamento che utilizza ossigeno le condizioni ideali si realizzano quando i fanghi hanno una temperatura fra i 45 e i 60 gradi. In questo range si realizzano condizioni dette “termofile” e il procedimento accelera di 2-3 volte.
Inoltre non è necessario scaldare i fanghi per raggiungere queste temperature, perché il calore nella vasca/digestore si autogenera grazie al processo di fermentazione che avviene all’interno della vasca, che quindi deve solo essere opportunamente isolata per evitare la dispersione.
Un metodo sempre più diffuso
Sono sempre più numerosi gli impianti che funzionano utilizzando l’ossigeno puro invece dell’aria per il trattamento finale dei fanghi, con l’obiettivo di ridurre il più possibile la quantità da smaltire, e i relativi costi.
L’utilizzo dell’aria invece dell’ossigeno è meno costoso ma comporta una maggiore dispersione del calore – che come abbiamo spiegato favorisce il proliferare dei batteri – oltre che l’immissione nell’ambiente di odori ed aerosol che vengono dispersi dalle bolle che raggiungono la superficie in grande quantità. Questo accade perché più del 78 per cento dell’aria è costituita da azoto, che non interagisce con i batteri.
Inoltre a parità di risultati, se si usa l’aria è necessario utilizzare compressori molto più grandi e quindi maggiori quantità di energia. Per l’ossigeno basta invece una piccola pompa, e praticamente si annulla l’effetto di dispersione di odori ed aerosol: l’ossigeno immesso viene quasi interamente assorbito dai batteri e quindi sono pochissime le bolle che raggiungono la superficie. Inoltre il minore passaggio di gas nel fango favorisce il mantenimento di una temperatura più alta nella vasca/ digestore.