Meno fanghi da smaltire in discarica, una maggiore produzione di biogas – che è fonte di energia pulita e derivata dal riciclo – con in più un “bonus” rappresentato da una riduzione consistente degli odori. È la nuova frontiera della depurazione delle acque reflue con una tecnica che utilizza l’ozono nella digestione anaerobica.
In generale, la depurazione delle acque reflue ha lo scopo di rimuovere le sostanze contaminanti dalle acque che provengono dagli scarichi urbani e/o industriali, contaminanti che possono essere sia organici che inorganici. Per eliminare le sostanze inquinanti si sfrutta l’azione dei batteri, che di fatto mangiano tutto quanto è per loro commestibile per poi moltiplicarsi producendo appunto i fanghi.
Separati dall’acqua in apposite vasche, i fanghi che si depositano vengono avviati al trattamento in una linea dedicata che ha lo scopo, attraverso vari processi, di ridurne le caratteristiche di putrescibilità e quindi il volume/peso a tutto vantaggio di minori costi per il loro smaltimento finale.
Qui si inserisce il processo di digestione anaerobica, il che semplicemente indica che avviene in assenza dell’ossigeno contenuto nell’aria: per capirsi è un po’ come quello che accade nel nostro intestino.

Il fango, che di fatto contiene già i batteri necessari al trattamento, entra in un reattore, o digestore: immaginiamo una specie di pentola a pressione, completamente chiusa, dove la temperatura viene mantenuta ad esempio, fra i 35 e i 37 gradi. All’interno i batteri si sviluppano mangiando prima la sostanza organica, poi mangiando anche se stessi, riducendo così il volume e il peso dei fanghi.
Il “sottoprodotto” di questa operazione è il biogas, un gas che contiene all’incirca il 60 per cento di metano e il 40 per cento di anidride carbonica, oltre a frazioni di idrogeno solforato (per capirsi quella sostanza che ha l’odore delle uova marce) e altri gas.
Il biogas è una risorsa preziosa: può essere utilizzato in loco, sia per produrre energia elettrica attraverso motori appositamente progettati, sia per produrre il calore che serve a mantenere alla giusta temperatura il digestore.
In alternativa il biogas può essere raffinato con un processo di upgrading che permette di separare l’anidride carbonica (destinata al riciclo in ambito industriale e non solo) dal metano (o meglio “biometano”) che, una volta purificato, può anche essere immesso nella rete di distribuzione nazionale e destinato quindi a tornare nelle nostre case, nelle nostre auto o nelle nostre fabbriche.
È chiaro che la qualità del biogas prodotto all’origine è fondamentale per il processo di upgrading che determina anche l’eliminazione dell’idrogeno solforato e delle altre impurità.
Nell’ambito del progetto PerFORM WATER 2030 il Gruppo SIAD – con i suoi tecnici ed esperti del Laboratorio di Biologia e Chimica Ambientale – ha introdotto un ulteriore passaggio al processo di trattamento dei fanghi.
Si tratta di un pre-trattamento al quale il fango viene sottoposto prima di entrare nel digestore. Il processo è detto di ozonolisi: alla poltiglia di fango viene aggiunto ozono (O3), un forte ossidante, che rompe la membrana cellulare dei batteri e contribuisce alla disgregazione della struttura del fango.

Questa operazione porta il vantaggio di rendere più disponibile il materiale organico all’azione dei batteri, trasformandolo in pratica in cibo già pronto e più digeribile. Per fare un esempio è come trasformare una bistecca, comunque commestibile, in carne trita, sicuramente più facile da mangiare e da digerire.
Il processo di ozonolisi ha moltissimi vantaggi perché il risultato finale è una riduzione importante della quantità dei fanghi (fra il 10 e il 20%, con equivalente diminuzione del costo di smaltimento) e un aumento della produzione di biogas (fra il 15 e il 30%, con una conseguente maggiore possibilità di produzione di energia e calore o, in alternativa, di biometano). Il nuovo sistema è stato operativamente testato in un impianto di depurazione del milanese che fa capo alla Cap Holding (società pubblica che gestisce il servizio idrico integrato della Città metropolitana di Milano), dove è stato messo a disposizione dei tecnici SIAD anche un laboratorio.

L’esperimento a scala pilota è stato condotto introducendo l’ozono all’interno dello stoccaggio dei fanghi (nella parte dell’impianto che si chiama pre-ispessitore), prima quindi che i fanghi vengano portati al digestore. Tra l’altro la sperimentazione ha confermato che l’utilizzo dell’ozono permette un abbattimento importante anche della presenza di idrogeno solforato (con un calo del 40-60%), il che riduce gli odori e anche la necessità di trattamenti successivi di purificazione del biogas.
L’ozono, che non è trasportabile in bombole, viene prodotto in loco facendo attraversare l’ossigeno puro da scariche elettriche.

Generatore ozono. Particolare della sezione di produzione ozono a partire da ossigeno puro
Contenitore di ossigeno liquido con apparato
La quantità di ozono da dosare nel pre-ispessitore è stato calcolato con cura dai tecnici SIAD per evitare di disturbare il processo successivo nel digestore anaerobico (che deve avvenire in assenza di ossigeno).

Personale tecnico durante la gestione dell’impianto pilota
Le prove hanno anche consentito di stabilire che, come si dice, il gioco vale la candela. Il costo del pretrattamento con ozono è più che compensato dalla maggiore produzione finale di biogas e risulta più vantaggioso per gli impianti più grandi.